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Honda CBR1100XX by Dr.Ergal

Tempo di lettura: 8 minuti

Questa special nasce dal desiderio di avere una moto… che non c’è. Una moto che il meccanico in questione avrebbe sempre voluto da Honda, ma che a Tokio non hanno mai realizzato, per un motivo o per l’altro. Una moto che molto vagamente poteva somigliare al CBR1100XX, base di questo servizio. La base c’era: un motorone eccezionale, 4 cilindri di inusitata forza sprigionata con morbidissima dolcezza, e un telaio decisamente solido e preciso; peccato che in Honda abbiano deciso di castrare in un layout un po’ troppo turistico tutti questii muscoli. Ecco dunque partire il progetto di far sbocciare dalla sua crisalide touring l’anima sportiva della doppia X, avvicinandone la fisolofia alle sue concorrenti Hayabusa e ZX-12R, ma mantenendo il più possibile la compostezza e l’aplomb tipico delle moto dell’ala dorata.
Vista la notevole esuberanza del propulsore, ci si è concentrati principalmente sulla ciclistica, che per seguire la nuova vocazione doveva essere pesantemente stravolta. Per prima cosa è stato eliminato il sistema frenante originale Dual-CBS, ottimo per mantenere un assetto neutro e piatto durante la guida turistica e disimpegnta, ma limite insormontabile per la guida in pista, dove la sua invasività al posteriore disturba pesantemente l’assetto; i componenti, inoltre, pompa e pinze (le stesse montate sullo scooter Silwer Wing…), sono del tutto inadeguati a frenare la mole di questo bestione alle velocità di cui è capace il suo propulsore. Le modifiche al comparto freni sono state dunque radicali: all’avantreno compare una coppia di dischi Alth con profilo “Star” (leggermente a margherita) da 310mm frenati da due esotiche pinze ISR a sei pistoncini e sei pastiglie, azionate da una pompa radiale Nissin 19×21. Al retrotreno il disco è diminuito nel diametro, passando dagli originali 256mm ai 220mm di un disco Alth, sempre con profilo “Star”, morso dalla pinza a un pistoncino flottante di una vecchia Fireblade ’92, che dona anche il cerchio posteriore, più leggero dell’originale di 700gr.
All’avantreno, il cerchio proviene da un CBR600F ’97, più leggero dell’originale di 200 gr. Il loro disegno replica poi quello delle NSR da corsa degli anni ’80-90. Proprio questa è la chiave per decifrare tutto quest’intervento di tuning: la trasformazione ha voluto rendere questa moto una sportivona muscolosa e ipertrofica ben lontana dalle anoressiche, tirate e supertoniche sportive race-replica attuali, ma ha voluto tira fuori la sua anima di sportiva anni ’90. Al bando quindi pinze radiali, forcelle rovesciate (in quelli anni appannaggio, in casa Honda, solo di cross e RC45) e carenature striminzite, ma volumi massicci e corpulenti, dove l’anoressia non è ancora canone di bellezza. Tornando alla ciclistica, all’anteriore viene trapiantato in toto l’avantreno della gloriosa CBR900RR Fireblade del ’98, eccezion fatta per la piastra superiore di sterzo, fatta su misura su progetto del propietario dall’artigiano (o artista?) Danilo Tarantino della “Dilone Special Parts”, che sempre su progetto del proprietario ha realizzato anche le pedane.
Le leve del freno posteriore e del cambio provengono dal catalogo online Zetasassi, mentre quelle al manubrio sono delle Titax, modello corto. Sempre sulla forcella viene montato, un po’ per ricreare un certo sapre “vintage” e un po’ per esigenze tecniche, un ponticello antisvergolo in ergal, realizzato su disegno del proprietario dalle Officine Parisi di Arco. Restando all’avantreno, delle staffe su misura (sempre realizzate dalla Dilone Special Parts) afferrano due tubolari in carbonio, mentre la pompa della frizione originale è stata rimpiazzata da quella di un VTR1000F incidentato, per ricreare un look maggiormente racing; quella originale, infatti, ha il serbatoio incorporato nella fusione del corpo pompa, mentre quella VTR ha il serbatoio in plastica. Anche i cuscinetti di sterzo sono stati sostituiti; gli originali a sfere hanno lasciato il posto a due ben più precisi e robusti Timken a rulli conici. Altra modifica abbastanza eclatante all’avantreno è la sparizione del blocchetto di avviamento (quasi 700gr di peso), sostituito da un interruttore on-off posto sul semimanubrio sinistro.
La funzione antifurto, però, è rimasta grazie alla presenza del chip del sistema H.I.S.S. , che adesso non è più incorporato nella chiave di accensione ma in un più banale… accendisigari, infilato nel foro dell’antenna ricevitrice, ed occultata sotto le palpebre inferiori della carenatura della strumentazione. A completare il quadro ci sono due tubi freno Galfer in treccia metallica ricoperti da una scenografica guaina rossa.
Il rosso è stato scelto per fare pendant con l’onnipresente viteria in ergal. Sulla moto del Dr. Ergal non poteva essere altrimenti… Continuando la disanima della ciclistica, al retrotreno viene installato un monoammortizzatore FG totalmente regolabile (idraulica nei due sensi, precarico molla e interasse) che però non aziona più il forcellone orginale bensì quello più leggero e rigido del Fireblade ’98. In questo caso la standardizzazione di scala di casa Honda ha aiutato molto, visto che i due forcelloni hanno le medesime interfacce meccaniche e sono di fatto intercambiabili. Si è reso necessario solo un minimo aggiustamento per centrare l’attacco del mono del telaio XX su quello del forcellone Fireblade, decentrato di 21mm. Il motore ha visto molti affinamenti, tesi non tanto alla ricerca di ulteriore potenza quanto invece di una maggiore spigliatezza e coppia ai medi regimi.
L’airbox è stato maggiorato nel volume inserendo una cornice di circa 15mm tra il guscio inferiore e superiore; quest’ultimo, poi, è stato lavorato asportando la conchiglia di supporto del sensore aria (che toglieva aria ad uno dei tromboncini di aspirazione, facendolo respirare in maniera diversa dagli altri tre) ed eliminando tutti i puntoni di ritegno del filto aria (adesso imbullonato alla conchiglia inferiore) che opponevano una pur minima resistenza al flusso respiratorio del motore. Sempre nell’airbox, i tromboncini di aspirazione sono stati sostituiti da unità regolabili in altezza, realizzate in Anticorodal 6011 su disegno del proprietario, per incrementare il volume di aria in ingresso. Sono inoltre, rispetto al disegno standard, più alti di 6mm, così da incrementare il già possente tiro del motore ai medi regimi.
La maggiorazione in altezza dell’airbox il aiuta inoltre a respirare meglio la maggior quantità d’aria che passa attraverso il filtro K&N. Per adeguare la carburazione alla nuova carica gassosa, invece della solita (e costosa) Power Commander è stata scelta una MemJet, dall’intervento sicuramente meno raffinato ma “bastante alla bisogna”, come si diceva un tempo. Per facilitare l’espulsione di questa maggior carica di gas, lo scarico è stato sostituito in toto con un impianto Akrapovic 4in1, in luogo della configurazione 4in1in2 originale, con collettori in acciaio e terminale in titanio; nonostante l’impianto sia orfano di un silenziatore, la rumorosità di marcia resta comunque civile. Se non si esagera col gas… Le tubazioni del circuito di raffreddamento sono state rifatte ex-novo (in quanto non esistono kit del genere in commercio per questa moto) dalla ditta Fram Corse di Verona, che ha realizzato splendide tubazioni in alluminio, così da aumentare lo scambio termico, collegate da giunti in gomma siliconica. Rossa, ovviamente. Il volano è stato alleggerito di 190gr e ribilanciato, mentre la viteria di collegamento alla ruota libera è adesso in titanio, con risparmio di ulteriori 25gr. Le viti di ritegno delle molle frizione sono anch’esse in titanio, e serrano molle con carico maggiorato del 10%. I giochi della distribuzione sono stati accuratamente controllati, ed il tenditore della distribuzione, automatico a molla, è stato sostituito da un’unità manuale con regolazione a vite e controdado. Si deve controllarlo periodicamente, è vero (anche se in 10.000km non ce n’è stato ancora bisogno) ma assicura un minor assorbimento di potenza per via della minor forza di schiacciamento del pattino sulla catena stessa; risultato: il motore gira più morbido e fluido, con meno dispersione di potenza.
In quest’ottica è stato anche sotituito il regolatore di pressione del circuito dell’iniezione, montando semplicemente quello del modello 2002, che taglia ad una soglia di 55psi contro i 48 dell’originale, modello 2000. In questo modo gli iniettori nebulizzano meglio la benzina, con tutti i miglioramenti che ne conseguono non solo in potenza massima, ma anzi sopratutto in termini di regolarità di funzionamento (come se ce ne fosse bisogno) e consumi. Sempre per diminuire le inerzie e le dispersioni di potenza, la trasmissione finale è stata sostituita con una DID 530XS (indispensabile con un simile motore, che distruggerebbe una 520 in 6 mesi) e la corona è stata sostituita con una SuperSprox bimetallica, togliendo dalla bilancia altri 1100gr. In tema di riduzione del peso, il telaietto posteriore, un robusto complesso in acciaio strutturato per sopportare agevolmente due persone e un tris di borse, è stato rimpiazzato dal telaietto posteriore in alluminio di un Fireblade ’96, modificato negli attacchi per connettersi al telaio principale XX; in questo modo si è anche potuta installare la coda Fireblade, ben più sportiva della voluminosa, per quanto aggraziata, coda XX. La coda Fireblade non è l’unica modifica alle sovrastrutture: sotto lo scarico fa capolino il deflettore aerodinamico di una Hayabusa prima serie, modificato negli attacchi, mentre il portatarga asportabile proviene da una Ducati Monster 695.
Da qui in poi, tutto è volto esclusivamente alla riduzione del peso: tutta, ma davvero tutta, la viteria non strutturale è stata rimpiazzata da elementi in ergal, mentre gran parte delle viti strutturali sono in titanio, eccetto quelle soggette a carichi dinamici (pinze e dischi freno anteriori, attacchi monoammortizzatore) per via della limitata resistenza a fatica di questo materiale. Il cavalletto posteriore è stato eliminato (-4,5kg), il tappo del serbatoio è adesso in carbonio con tappo in ergal, e la batteria è un’unita Li-Ion che pesa solo 1.083gr, contro i circa 4300 di quella originale. Inoltre, la batteria è adesso alloggiata in un apposito vano sopra la scatola del cambio, e tutto l’impianto elettrico che prima era nella coda è ora alloggiato nell’ex vano batteria. In questo modo si sono centralizzate le masse verso il baricentro, tema sempre caro in Honda. Tutte le serrature sono state eliminate (serbatoio,vano portaoggetti e avviamento/bloccasterzo) per togliere ancora peso.
Per finire, è stato ridotto al minimo il circuito di espansione del radiatore, togliendo un altro kg abbondante. Anche le cuffie interne della carenatura sono state eliminate, per favorire l’espulsione dell’aria calda dal radiatore. Per lo stesso motivo, il serbatoio è stato rialzato al posteriore di 20mm, creando un meato da cui l’aria può defluire più facilmente.
Il setup ciclistico è adesso decisamente più puntato sull’anteriore rispetto al layout originale, davvero troppo seduto all’indietro, e la frenata ha radicalmente cambiato faccia: adesso si riesce a fermare il bestione con due dita, in spazi ridotti e con un’eccellente modulabilità. Certo, le prestazioni di una pinza radiale monoblocco non ci sono, ma non è questo lo spirito di questa traformazione.
Dopo tutta questa notevole ridda di modifiche, dell’XX originale è rimasto solo il “gusto” primigenio, inteso come un’indole sportiva non esasperata, supportata dalla spinta poderosa ma sempre dolce del motore. Certo, l’accento è stato decisamente spostato verso un indirizzo più sportivo, ma siamo pur sempre decisamente lontani dalle esasperazioni da moto da corsa delle ultime supersportive moderne. L’ergonomia verte adesso molto di più sull’avantreno, non tanto per i semimanubri, che non sono stati avanzati che di poco, quanto per le pedane, adesso decisamente più arretrate e rialzate. Questo è stato possibile grazie all’eliminazione delle pedane del passeggero, che altrimenti avrebbero interferito pesantemente con gli stivali del pilota. Adesso la moto si gestice agevolmente solo coi piedi, grazie ad una triangolazione perfettamente calibrata sulla taglia e sullo stile di guida classico del suo proprietario. Il feeling che arriva dall’avantreno è davvero notevole, e la forcella, pur se di estrazione “povera”, lavora molto bene assicurando una notevole sincerità e precisione; tutto questo permette ingressi in curva decisamente “spigliati”, sostenuti da un avantreno solido, preciso e direzionale, e con una trazione in uscita davvero rimarchevole, cosa resa possibile anche dall’erogazione lineare e fluida del motore.
Tutto questo finchè si guida in modo fluido e scorrevole, assecondando le comunque importanti inerzie e misure della moto; la guida nervosa ed estrema, come va di moda adesso, non fa decisamente per questo bestione, che guidato spigolando risponde con una tendenza ad allontanarsi dalla linea ideale e imponendo lunghe pause tra un’azione e l’altra. Questa moto vuole essere guida in modo “classico”; fondendo frenata, inserimento ed uscita in un’unica e fluida azione; se condotta in questo modo, la ciclistica ripaga con una notevolissima precisione direzionale ed una forte direzionalità, permettendo anche notevoli angoli di piega in tutta sicurezza, anche perchè il nuovo assetto ha aumentato in maniera sensibile la luce a terra (in configurazione di serie è fin troppo facile spanciare con carene, carter motore e perfino scarichi in piega).

Una moto solida, insomma, come se ne facevano anni fa; una moto in cui la priorità assoluta non è il tempo sul giro, ma solo il gusto della bella guida, di una bella piega, di un motorone che spinge con forza ma mai con prepotenza, e con una ciclistica solida e sana. Insomma, la versione Honda della Hayabusa, con l’inconfondibile stile dell’ala dorata.
Proprio quello che il Dr. Ergal voleva dalla sua (ormai ex) XX.

Scritto da admin

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