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Lancia Flaminia

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Se nella prima metà degli anni ’50 l’Aurelia aveva classe, prestigio ed eccellenza meccanica, la linea della carrozzeria, accusava segni precoci di invecchiamento: il cofano più alto dei fari e, soprattutto, i parafanghi posteriori sporgenti facevano apparire l’auto più vecchia di quanto fosse in realtà. E, questo, nonostante la sua indiscutibile classe ed eleganza.
Nel 1955, intanto, alla direzione tecnica della Lancia era stato chiamato il professor Antonio Fessia, geniale progettista di fama mondiale. Il suo primo obiettivo fu quello d’impostare la realizzazione di una nuova ammiraglia Lancia che, nella tradizione della marca, fosse in grado di rappresentare la punta di diamante della berlina all’italiana.
Mentre Fessia e i suoi collaboratori si occupavano attivamente della progettazione e della realizzazione della parte meccanica, a Pinin Farina fu invece affidato il compito di disegnare una carrozzeria che rispettasse il più possibile i canoni stilistici da lui stesso impostati con il prototipo Florida: una splendida berlina a due porte, realizzata dal carrozziere torinese nel 1955 sull’autotelaio dell’Aurelia, che aveva riscosso un successo addirittura entusiastico ai Saloni di quell’anno. Ne deriverà una vettura imponente (il passo era di ben 2,87 metri per una lunghezza complessiva di 4,88 e una larghezza di 1,75: misure considerevoli per l’epoca) eppure filante e piena di slancio, grazie anche all’altezza piuttosto contenuta (1,48 metri).
Colpirà, in particolare, il disegno del raccordo del padiglione alla coda mediante due elementi a pinna, appena accennati, che nascevano dalle stesse fiancate: una linea che farà a lungo scuola in tutta Europa.
Per la meccanica, Fessia decide di “confermare” l’impostazione generale dell’Aurelia seconda serie (quella con il ponte posteriore De Dion), ma rinunciando definitivamente – per la prima volta su una Lancia dopo 35 anni ininterrotti – alla sospensione anteriore a foderi verticali, introdotta sulla Lambda. Al suo posto viene impiegata un’architettura con bracci trapezoidali e molle elicoidali, ammortizzatori telescopici e barra stabilizzatrice. Al retrotreno, invece, il cinematismo impiegato è simile a quello dell’Aurelia, con cambio in blocco e schema De Dion, barra Panhard trasversale, balestre semiellittiche nonché barra stabilizzatrice. Nata con freni a tamburo, a partire dal 1961, la Flaminia verrà poi equipaggiata con impianto a quattro dischi.
Sebbene apparentemente derivato da quello dell’Aurelia (6 cilindri a V di 60 gradi), il motore era stato in realtà completamente riprogettato, con cilindrata portata a 2458 cm3 (e potenza a 102 CV a 4800 giri/min). Il comando delle valvole conservava l’albero a camme in testa, disposto tra le due bancate, ma con cinematismo completamente rielaborato. Monoblocco e testa erano, infine, tutti realizzati in lega leggera.
Auto raffinata e lussuosa che verrà già esposta in anteprima al Salone di Torino, nella primavera del 1956, e che verrà definitivamente lanciata nel marzo del 1957 al Salone di Ginevra, la Flaminia saprà imporsi come una delle migliori ammiraglie dell’epoca. Veloce (160 km/h e 170 nella successiva versione 2800 cm3, presentata nel 1963) e straordinariamente sicura su strada, la Flaminia era soprattutto una berlina di grande comfort, capace di accogliere comodamente nel suo lussuoso abitacolo anche un sesto passeggero. Tra le numerose raffinatezza di questa longeva ammiraglia – resterà in produzione per ben 13 anni, fino al 1970 – il comando elettroidraulico, dallo stesso posto di guida, dei due deflettori posteriori – vere e proprie terze “luci” laterali – e i doppi tergicristalli, esterni ed interni, del lunotto: quelli interni avevano la funzione di sbrinare il cristallo.

Marco Lasala

Scritto da Marco Lasala

Credo di esser nato per comunicare la mia passione per i motori: i miei primi passi li ho mossi.. su di un kart!!! Mi sono laureato in Economia e Commercio (indirizzo Marketing), ma ho iniziato a fare il giornalista da quando avevo poco più di 20 anni, scrivendo per quotidiani nazionali e riviste estere. Oggi collaboro con diverse testate specializzate nell’universo automotive, provo auto e moto, descrivo le mie sensazioni di guida, cerco di emozionare i lettori. Sono un competitivo, amo salire sul gradino più alto del podio, sono convinto che il pericolo più grande sia frenare, piuttosto che affrontare una curva a gas aperto! Il mondo dei motori è in continua evoluzione, l’elettrificato macina chilometri, ma… nella mia mente la melodia di un V12 a 8.000 giri non svanirà mai!

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