I dati allarmanti dell’azienda leader. Sale la preoccupazione nel mondo delle auto. Un altro colosso è nei guai.
Giusto qualche giorno fa Nissan rendeva nota la volontà di chiudere entro il 2026 il suo stabilimento estero più longevo, ovvero quello di Civac, in Messico, per cercare di abbassare le spese e contrastare una crisi che la sta attanagliando ormai da tempo, tanto da registrare perdite addirittura per 4,5 miliardi nell’esercizio fiscale 2024-2025. Che l’intero comparto dell’automotive stia passando un brutto momento non è da oggi, di conseguenza notizie del genere sorprendono solo relativamente, ma quando a tremare sono i marchi del lusso le preoccupazioni aumentano.
Nei mesi scorsi aveva suscitato clamore il crollo di Maserati con i suoi 701 milioni di euro persi nel 2024, contro i 96 dell’anno precedente, e adesso alla lista si è aggiunto un altro costruttore blasonato, famoso per le sue vetture prestazionali, dal gusto sobrio ed elegante. Già traballante a causa dello scarso appeal esercitato in Cina, mercato molto ampio e capace di portare a grossi ricavi, ha ricevuto una mazzata ulteriore con i dazi messi da Donald Trump che l’hanno obbligato ad emettere un profit warning e dunque una rettifica degli utili.
Aston Martin nei guai, la crisi non la risparmia e scatta l’accordo con gli USA
Per ora la certezza è che le sue azioni sono scese al 7%. Aston Martin, gigante inglese delle auto lussuose, sta perdendo popolarità e guadagni e peggio potrebbe andare prossimamente per via dell’accordo appena raggiunto tra Gran Bretagna e gli States. Per limitare le penalizzazioni legate alle tasse extra sulle esportazioni, gli inglesi hanno accettato di dover pagare il 10% per le prime 25mila automobili in ingresso negli States ogni trimestre, superate le quali la quota balza al 27,5%. Proprio questo patto ha spaventato e non poco il produttore britannico.
Incapace di pianificare l’impiego delle sue risorse, ha deciso tramite il suo CEO Adrian Hallmark di appellarsi direttamente al Governo Starmer chiedendo una revisione del sistema o almeno un’estensione del 10% sull’intero anno. Va detto che dopo aver dovuto bloccare la produzione per smaltire le scorte, lo scorso mese di giugno a Gaydon hanno riavviato le spedizioni in America. Al contrario non accenna a sbloccarsi la situazione nel Paese del Dragone dove l’economia è in rallentamento e i brand esteri non ricevono più l’attenzione di prima.
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