Sono trascorsi più di 10 anni dal terribile incidente che ha reso il campionissimo della Ferrari, Michael Schumacher, un oggetto misterioso.
Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che l’uomo più veloce al mondo a bordo di un’auto potesse farsi male su degli sci. La vita è stana e, dopo una carriera corsa a medie orarie spaventose, condita anche da alti e bassi, l’incidente più grave è avvenuto su una pietra nascosta sotto la neve. Una scivolata in un piccolo tratto fuori pista e poi il buio.
Michael Schumacher rientra in quella nicchia di campionissimi che hanno segnato intere generazioni. Una figura quasi divina per i fan della Ferrari che lo ricordano saltare di gioia sui podi e demolire i record di Fangio. Il tedesco aveva un talento naturale, ma anche una disciplina che non si era mai vista prima in un autodromo. Viveva per essere il migliore in F1 e quell’energia positiva coinvolse anche i membri del team modenese che festeggeranno 6 titoli costruttori consecutivi e ben 5 mondiali del Kaiser.
Poi l’addio a fine 2006 e il ritorno alle corse per un triennio avaro di soddisfazioni al volante della Mercedes. Un immenso piacere a Lewis Hamilton che si trovò servito su un piatto d’argento un progetto della Stella a tre punte già collaudato. Michael, dopo il definitivo ritiro dalle corse, avrebbe meritato una serena pensione insieme alla moglie Corinna, e i figli Gina-Maria e Mick, ma il destino gli ha riservato il più brutto degli scenari. Dopo l’uscita dal coma è rimasto inchiodato a un letto e le uniche informazioni sono arrivate dai pochissimi uomini che lo hanno potuto visitare. Muoverebbe solo gli occhi, ma il campione che conoscevamo potrebbe non riprendersi mai più.
La confessione su Michael Schumacher
Nell’intervista a Sport Bible l’ex direttore operativo della Red Bull, Richard Hopkins, ha dichiarato: “Non credo che rivedremo più Michael. Mi sento un po’ a disagio a parlare della sua salute perché la sua famiglia, comprensibilmente, vuole che la cosa resti privata. So che ha un medico finlandese, il suo medico personale”.
“Io non faccio parte della sua cerchia ristretta – ha spiegato Hopkins – non sono Jean Todt, Ross Brawn o Gerhard Berger, che vanno a trovare Michael. Non sono neanche particolarmente vicino a loro. Anche se fossi il migliore amico di Ross Brawn e gli chiedessi come sta Michael, magari offrendogli del buon vino rosso, non credo che si aprirebbe. Credo che chiunque vada a trovare Michael debba mantenere la sua vita privata riservata. È così che vuole la famiglia. E penso che sia giusto e rispettoso nei loro confronti”.
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