Scoppia una nuova crisi, ma c’è speranza. Ecco cosa sta succedendo in Stellantis. E’ un vero caos.
Non c’è pace per Stellantis. Dopo il crollo vissuto nel 2024, il 2025 non si è aperto certo con il segno positivo. Anzi, al contrario, i primi sei mesi hanno decretato ricavi per 74,3 miliardi, a fronte di una perdita netta di 2,3 miliardi di euro. La carenza di appeal delle vetture realizzate dai marchi sotto il cappello del Gruppo presieduto da John Elkann si è fatta sentire soprattutto nel periodo tra aprile e giugno.
In questo lasso di tempo le auto consegnate sono state circa 1,4 milioni, ovvero il 6% in meno rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente. La flessione si è rivelata particolarmente grave negli Stati Uniti a conferma del recente trend con 109mila pezzi in meno nel secondo trimestre pari un decremento del 10%. Non bellissima neppure la situazione europea vista la discesa di 50mila immatricolazioni, eppure in mezzo a questa crisi qualcosa da speranza.
Crollano le vendite Stellantis, ma è boom in Sud America
In occasione della presentazione dei dati relativi ai primi sei mesi dell’anno i vertici Stellantis hanno comunque cercato delle giustificazioni al forte deficit imputandolo non al poco interesse riscosso dalle loro automobili, quanto da cause esterne. Sul report si fa menzione della ridotta produzione dei mezzi da importare per via dei pesanti dazi doganali, del flop delle flotte aziendali e della dismissione di alcuni modelli.
Focalizzandosi sui dati provenienti dal Vecchio Continente, sempre secondo le loro informazioni, le consegne sono diminuite a seguito di ritmi produttivi blandi per quanto concerne le vetture appartenenti al segmento B di recente lancio. Se complessivamente le vendite negli States e in Europa hanno rappresentato il 73% di quelle totali, ci sono comunque delle notizie confortanti. Non in tutti i Paesi le Case del Gruppo hanno patito.
Nello specifico in Sud America la prima fetta di anno ha registrato un +20% di distribuzioni, mentre in Medio Oriente e in Africa la progressione è stata del 5%. Ciò significa che assieme hanno fatto meglio dell’America. Un dettaglio significativo, che però lascia delle ombre sulle reali motivazioni del tracollo a stelle e strisce visto che le importazioni più importanti riguardano a Jeep Compass prodotta in Messico, e le Chrysler Pacifica e Voyager che arrivano dal Canada.
La presenza di una concorrenza agguerrita e l’effettiva eccessiva lentezza della produzione e del lancio di modelli nuovi non possono non avere incidenza.
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