L’industria dell’automotive sta attraversando una crisi senza precedenti. L’ultima disperata dichiarazione arriva dall’ex punto di riferimento del Gruppo Stellantis.
Il mercato delle quatto ruote europee sta attraversando una crisi piuttosto profonda. I motivi sono strettamente legati alla presa di posizione assunta dai burocrati di Bruxelles che hanno cominciato a demonizzare le auto termiche. Autoinfliggendosi una dead line sulla produzione di veicoli con motori tradizionale l’Ue ha fatto un enorme regalo alla Cina, da sempre il punto di riferimento mondiale in materia di batterie.
Nel giro di pochi anni numerosissimi brand cinesi sono sbucati sulla scena mondiale con uno scarso know-how in materia di automobili. Ciò che contava era la creazione di batterie agli ioni di litio con un involucro intorno. In sostanza le auto elettriche sono diventate degli strumenti per raggiungere un punto B, partendo da un punto A. Una storia ultrasecolare cancellata in favore di una tecnologia silenziosa, costosa e che non risolverà i problemi di Co2 delle metropoli.
Con la promessa che i prezzi sarebbero diventati meno proibitivi, i Governi hanno cominciato a investire miliardi in infrastrutture di ricarica. Soldi investiti male perché giunti a fine 2025 il parco auto circolante sarebbero già dovuto essere per lo più green. Gli italiani amano le tradizioni e odiano le EV. Sono i dati a dirlo. La quota di EV è pari al 5%, ciò significa che la stragrande maggioranza degli italiani si è tenuta la cara vecchia auto a benzina o diesel, nonostante gli incentivi e le promozioni delle Case.
Il futuro dell’automotive europeo
Chi ha investito in modo massiccio su gamme a pila non ha ottenuto i risultati sperati, piombando in una crisi profonda. Nissan, ma anche Volkswagen e Stellantis hanno pagato a caro prezzo le scelte green. L’ex amministratore delegato del Gruppo, nato dalla fusione tra FCA e PSA, ha detto la sua su cosa attende all’industria del Vecchio Continente.
Carlos Tavares, sostituito da Filosa nel 2025, ha annunciato che l’espansione dei marchi cinesi nel mercato europeo potrebbe avere conseguenze nefaste anche sull’occupazione dei lavoratori. In Ue vengono vendute ogni anno circa 15 milioni di vetture, una quota del 10% significherebbe 1,5 milioni di veicoli cinesi all’anno. “Questo equivale a dieci fabbriche europee che perdono la loro ragion d’essere. E quando perderanno la loro ragion d’essere, inizieranno le manifestazioni. E poi arriverà un investitore da Pechino, offrirà euro e la promessa di mantenere i posti di lavoro. E i governi saranno d’accordo”, ha tuonato il manager portoghese. Gli storici brand italiani finiranno in mani cinesi in futuro? Lo scopriremo solo vivendo.
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