Ogier completa la rimonta su Evans e vince il WRC 2025 e con nove titoli aggancia Sebastien Loeb nella storia del rally.
Asfalto, sterrato, pioggia, vento, grandine, neve e chi più ne ha più ne metta. Il rally non è una categoria come tutte le altre, ma è la sofferenza e la tenacia che si mischia alla classe, e si deve mischiare alla classe, ma senza quella capacità di saper gestire gli ostacoli e le difficoltà non si può pensare di ottenere nulla.
Perché è utopia pensare che le gare possano essere regolari, perché non si può sempre vincere in diciassette, venti o ventidue prove in quattro giorni e perché le condizioni spesso sono più favorevoli ai tuoi rivali piuttosto che a te. E allora si deve essere anche abili strateghi, capaci di gestire una stagione massacrante in giro per il mondo, dalla neve della Svezia, allo sterrato della Sardegna, da un Safari sempre più dissestato a un Sudamerica che sta diventando centrale nel mondo del rally.
Succede allora che tutto sembra essere indirizzato fin dalle prime gare, perché alla fine Elfyn Evans questa volta sembra davvero farcela. Secondo a Monaco e vincitore in Svezia e in Kenya, proprio quando Ogier è a casa, perché per lui il rally è un passatempo, perché la famiglia è prioritaria e dunque il suo calendario è solo da part timer. Certo che poi, dopo aver vinto a Montecarlo, fai secondo alle Canarie, primo in Portogallo e in Sardegna, e secondo all’Acropolis, e allora il pensiero dell’impresa torna.
Ogier nella leggenda: il nono Mondiale
Eppure ci sono delle gerarchie da rispettare, dei piani di scuderie che vedono Evans e Rovanpera come i piloti ufficiali. L’Estonia non rientra nel tuo calendario e allora lo guardi da casa, ma proprio in terra baltica si vedono i problemi di quelli che dovrebbero essere le prime guide. Evans continua ad amministrare e più che l’eroe britannico che lotta contro l’invasore romano, sempre essere diventato più il ragioniere che deve centellinare ogni passo della corsa al titolo.
Ogier scopre le carte e nonostante tre gare in meno rispetto ai rivali vuole giocarsi il titolo. Terzo in Finlandia, primo in Paraguay, primo in Cile, problemi nella tappa Centro Europea che sembra bloccare la propria rincorsa all’oro, ma altro successo in Giappone.
Tre punti, solo tre punti in meno rispetto ad Evans in Arabia Saudita e tra il deserto le notti d’Oriente portano consiglio e di giorno mantiene sempre il distacco sufficiente su Elfyn. La dea bendata ancora una volta non lo assiste, e forse le divinità del rally parlano davvero la lingua di Napoleone, con quella foratura che lo costringe a perdere due minuti.
La Power Stage della gloria
Arriva il sabato, il giorno dove si decide tutto, il giorno dove gli eroi diventano leggende, perché si sa che anche le divinità di domenica si riposano e devono festeggiare. Il capolavoro finale Ogier lo realizza nella sedicesima tappa, nei 33,28 chilometri di Asfan, una tappa durissima per chiunque, ma che esalta ancora di più la propria gloria.
Potrebbe gestire, ma quella tappa da leggenda la vuole onorare al massimo. Il tempo si ferma a 15 minuti, 40 secondi e 9 decimi, il migliore di tutti. La Power Stage è una passerella da cuori forti, ma Evans lo sa già che non può sperare. La Dea dei Motori alla fine strizza l’occhio ai suoi figli prediletti e probabilmente sarà ben difficile trovare qualcuno che sarà in grado in futuro di potersi anche solo avvicinare a quella forza elegante che ha sempre mostrato in tutti i suoi nove mondiali. Il numero uno del mondo, anche più di Loeb, perché il connazionale ha sempre vinto con Citroen, mentre il Seb di Gap lo ha fatto con Volkswagen, Ford e Toyota. Un mito che vince anche da part timer, un mito che verrà ricordato per sempre nell’Olimpo del motorsport, dove già aveva un posto speciale, ma ora è lui che diventa il moderno Zeus e dice al mondo:” Sono ancora campione, sono sempre Sebastien Ogier”.
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