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Sergio Marchionne, quella profezia che fece a pezzi la FIAT: oggi quelle parole mettono ansia

Sergio Marchionne, quella profezia (Ansa) reportmotori.it
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Una frase tagliente di Sergio Marchionne, pronunciata oltre vent’anni fa, oggi risuona come un monito inquietante per la FIAT.

Negli ultimi anni il panorama dell’automobile in Italia è profondamente cambiato. Un settore che un tempo rappresentava eccellenza è oggi frammentato, segnato da difficoltà strutturali e dalla progressiva perdita di identità dei marchi storici. Stellantis ha spostato la produzione fuori dai confini nazionali, impoverendo ulteriormente un comparto già fragile.

Sergio Marchionne, quella profezia
Sergio Marchionne, quella profezia (Ansa) reportmotori.it

Alfa Romeo, Lancia e Maserati non sono più i simboli di prestigio che furono: il primo produce quasi soltanto SUV, il secondo è rimasto nell’ombra, il terzo fatica da tempo a mantenere un ruolo credibile sui mercati internazionali. In questo scenario, torna alla memoria un episodio che coinvolse direttamente Sergio Marchionne, il manager che aveva salvato la FIAT dal baratro. Una frase pronunciata allora, tra ironia e amarezza, oggi appare come una vera profezia.

Sergio Marchionne e la frase che anticipò la crisi FIAT

Era il 2004 quando Marchionne arrivò alla guida della FIAT. La situazione era drammatica: la società torinese perdeva circa cinque milioni di euro ogni giorno e sembrava destinata al collasso. Il nuovo amministratore delegato decise di recarsi a Torino in pieno agosto, ma trovò lo stabilimento vuoto. Alla sua domanda su dove fossero finiti tutti i lavoratori, si sentì rispondere che erano in ferie. La replica fu spiazzante, e rimane impressa ancora oggi: “Ma in ferie da cosa?”.

Sergio Marchionne, quella profezia
Sergio Marchionne e John Elkann (Ansa) reportmotori.it

Marchionne non ce l’aveva soltanto con le vacanze estive: quella battuta era il simbolo di una mentalità che giudicava incompatibile con la sopravvivenza di un gruppo industriale internazionale. In altri Paesi, spiegò, non esisteva il concetto di rallentare la produzione per un’intera mensilità: le aziende, soprattutto in crisi, non potevano permettersi di fermarsi.

I fatti gli diedero in parte ragione. Nei suoi anni alla guida del Lingotto riuscì a invertire la rotta, ridando slancio con modelli che segnarono una rinascita, come la Grande Punto e la 500. In seguito rilanciò Alfa Romeo con la Giulia e lo Stelvio. Tuttavia, la sua scomparsa nel 2018 interruppe quel percorso, e da allora la traiettoria è tornata a scendere.

Oggi, osservando come la produzione venga trasferita altrove e come i marchi italiani faticano a esprimere la loro storicità, le parole pronunciate allora assumono un significato quasi inquietante. Non erano soltanto una battuta rivolta a una FIAT in crisi, ma una previsione che, con il tempo, sembra essersi concretizzata.

La FIAT, dentro la galassia Stellantis, sembra oggi proprio il riflesso di quella profezia. Un marchio storico, ridimensionato e lontano dal ruolo centrale che aveva. Marchionne non poté completare il suo piano, ma quel messaggio, tagliente e diretto, resta intatto e suona come un campanello d’allarme che non può essere ignorato.

Scritto da Antonio Pinter

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