Ondata di licenziamenti (Lotus) reportmotori.it
Un marchio storico taglia duramente: arriva una impressionante ondata di licenziamenti. Quasi la metà dovrà andare
La decisione è maturata in fretta, ma le cause si accumulavano da mesi: domanda in frenata sui modelli elettrici premium, pressioni sui margini e politiche commerciali più rigide nei mercati chiave. Il marchio ha comunicato un taglio di 550 posti sul territorio britannico, su circa 1.300 dipendenti, quindi poco meno del 40% dell’organico locale.
La sforbiciata tocca soprattutto Hethel, cuore storico del brand Lotus e casa della Emira, già finita al centro di voci su una possibile chiusura a inizio anno. L’azienda inquadra la mossa come necessaria a mantenere la sostenibilità del progetto industriale: un’azione difensiva per restare competitivi dove si decide davvero il gioco, a partire dagli Stati Uniti.
La scossa è imposta da un contesto instabile e da nuove tariffe doganali che zavorrano i conti. L’equilibrio economico è saltato proprio mentre i dazi USA sui veicoli elettrici prodotti in Cina costringevano a sospendere le vendite del SUV elettrico Eletre sul mercato americano.
Ne derivano volumi inferiori alle attese e margini compressi, con effetti a catena su tutta la pianificazione. Il quadro commerciale peggiora nel primo trimestre: 1.274 immatricolazioni, il 42% in meno su base annua, mentre le perdite restano pesanti a circa 157 milioni di euro, in lieve miglioramento, però con il debito salito a 2,8 miliardi.
Dentro Hethel, però, non si spegne tutto. Si guarda a una via già battuta: riportare in linea progetti per terzi, come avvenuto in passato con Opel, Vauxhall e Tesla. Diversificare la produzione permetterebbe di saturare impianti e competenze, riducendo l’esposizione ai cicli del singolo prodotto.
È un modo pragmatico per difendere la base britannica, in attesa di un rilancio più equilibrato tra mercati e tecnologie. L’onda d’urto non è la prima del 2025: ad aprile erano stati preannunciati altri 270 esuberi proprio a Hethel, segnale che la tensione industriale non è episodica.
Il nodo resta l’elettrico. Con Eletre ed Emeya assemblate a Wuhan, la tempistica dei dazi ha complicato l’accesso al mercato statunitense proprio nel momento in cui serviva ossigeno. Da qui la scelta di ricalibrare: niente abbandono dell’elettrificazione, ma un passo laterale.
Nel corso dell’anno è atteso il debutto del primo plug-in del marchio, derivato da una versione modificata dell’Eletre. Una mossa tattica per allargare l’offerta, recuperare margine e allentare la dipendenza da un’unica rotta commerciale.
Il messaggio, in definitiva, è tagliare per resistere, salvaguardando il presidio tecnico di Hethel e ricostruendo intorno a ciò che funziona. Serviranno tempismo, disciplina sui costi e un portafoglio prodotti meno esposto alle onde lunghe dei dazi e ai capricci della domanda premium. È un passaggio stretto, ma necessario per rimanere in partita.