Il motore a 7 cilindri che tutti stavano aspettando: per le auto: svelati i dettagli sulla produzione (Reportmotori)
Dal V6 al V8, passando per i più potenti V10 e V12: tra i tanti motori che hanno scritto la storia manca quello a 7 cilindri, i dettagli sulla sua produzione
Nel panorama automobilistico ci sono configurazioni motoristiche entrate nella storia grazie alla loro efficacia, altre diventate simboli di un’epoca e altre ancora rimaste semplici esperimenti tecnici. Dalla linearità dei quattro cilindri alla potenza dei V6 e V8, ogni architettura ha trovato il proprio spazio grazie a un mix di prestazioni, affidabilità e convenienza progettuale.
È proprio per questo che, di fronte a una gamma così ampia di soluzioni, molti appassionati si chiedono perché non si sia mai visto un motore a sette cilindri sulle auto di serie. Un’idea particolare, che in realtà nasconde una serie di ostacoli tecnici spesso ignorati a prima vista.
Il motivo principale riguarda la geometria stessa del propulsore. Un ipotetico motore V7 richiederebbe un angolo di bancata di 51,43 gradi, un valore irregolare e decisamente poco pratico. L’angolo tra le due bancate non è un dettaglio estetico, ma un elemento chiave che incide su vibrazioni, ordine di scoppio, ingombri e semplicità costruttiva.
Le configurazioni tradizionali si basano infatti su angoli che facilitano la sincronizzazione dei cilindri e la stabilità del propulsore. Con sette cilindri, questa armonia naturale si spezzerebbe, costringendo i progettisti a una soluzione complessa senza alcun vantaggio reale.
A complicare ulteriormente il quadro c’è il tema del bilanciamento. I motori con numero dispari di cilindri richiedono sempre accorgimenti specifici per contenere vibrazioni e movimenti indesiderati. Tre e cinque cilindri funzionano perché esistono contromisure consolidate e la loro compattezza ripaga gli sforzi progettuali.
Con un sette cilindri, invece, la complessità crescerebbe in modo significativo. Non esistono schemi industriali già collaudati, non ci sono contralberi standardizzati né algoritmi dinamici immediatamente applicabili, il che renderebbe ogni tentativo un progetto a sé, costoso e difficile da ottimizzare.
In ambito produttivo la questione si semplifica rapidamente. Un costruttore che vuole ottenere più potenza può passare a un sei cilindri o salire a un otto. Se invece l’obiettivo è risparmiare carburante o ridurre costi e ingombri, togliere un cilindro è la strada più pratica.
Un motore a sette cilindri non offrirebbe vantaggi tangibili né in un caso né nell’altro, ma richiederebbe una riprogettazione completa, una linea di assemblaggio dedicata e costi enormemente più elevati rispetto alle architetture tradizionali.
C’è poi il tema dell’inserimento dell’unità sotto al cofano. Un V7 non sarebbe né compatto né facilmente integrabile nei layout automobilistici esistenti. Avrebbe ingombri irregolari, richiederebbe telai appositi e complicherebbe la disposizione di componenti come scarico, aspirazione e sistemi ausiliari.
Per un settore che vive di standardizzazione e modulazione delle piattaforme, un progetto così poco pratico perderebbe senso prima ancora di arrivare al prototipo.
Il motore a sette cilindri rimane un’idea interessante per chi ama la meccanica e le sue varianti, ma poco logica dal punto di vista industriale. L’angolo di bancata scomodo, il bilanciamento difficile da ottenere, i costi elevati e la presenza di alternative molto più razionali spiegano perché questa configurazione non abbia mai trovato spazio sulle automobili di serie.