Mercato in ginocchio, arrivano i licenziamenti - reportmotori.it
Un’industria in affanno, tagli a catena, scattano i licenziamenti. I segnali di crisi sempre più chiari.
Negli ultimi dodici mesi l’automotive tedesco ha perso slancio; i numeri dell’occupazione sono scesi, i margini si sono assottigliati, la capacità in eccesso grava sui bilanci. La concorrenza internazionale corre sul fronte elettrico; processi più snelli, tempi più rapidi, prezzi aggressivi che mettono a nudo i ritardi accumulati in Germania.
A questo si sommano barriere commerciali crescenti; i flussi verso gli sbocchi storici dell’auto tedesca si strigono, proprio quando servivano volumi certi. Nemmeno l’economia aiuta: dopo due anni in calo, il 2025 parte debole; un piccolo segno più, poi di nuovo segno meno. È ormai una crisi che si riflette lungo tutta la filiera, dagli stabilimenti ai fornitori.
Tra giugno 2024 e giugno 2025 sono svaniti circa 51.500 posti nell’auto tedesca; una sforbiciata pari a un 7% della forza lavoro in un solo anno. Il ridimensionamento non si ferma alla catena di montaggio; nell’industria complessiva, nello stesso periodo, si contano 114.000 posizioni in meno.
Il confronto con il 2019 pesa ancora di più: oggi mancano all’appello 112.000 addetti rispetto al pre-pandemia; un solco che parla di una fase discendente ormai strutturale.
Il rallentamento nasce anche da scelte incerte e vincoli interni; regolazioni complesse e burocrazia hanno frenato la transizione elettrica proprio mentre altrove si accelerava. I marchi cinesi hanno spinto su costi e innovazione. I tedeschi sono rimasti al palo.
Risultato: uno spazio competitivo eroso e tempi di reazione troppo lunghi. In questo quadro, nessun altro comparto manifatturiero tedesco ha visto un taglio occupazionale così marcato nell’ultimo anno; un segnale che la criticità è specifica del settore auto, non solo congiunturale.
Nella prima metà del 2025 l’export di vetture e componenti dalla Germania agli Stati Uniti è sceso dell’8,6%. Tariffe più pesanti hanno reso il mercato americano meno accessibile; per i marchi tedeschi, che lì contavano su volumi stabili, la perdita si riflette su impianti e fornitori.
Meno ordini significano più fermate, più riorganizzazioni; interventi a cui si accompagna, inevitabilmente, la riduzione degli organici. Sullo sfondo, il quadro economico resta molto preoccupante: il Pil tedesco ha chiuso in calo nel 2023 e nel 2024, e l’anno in corso non offre ancora appigli solidi.
Un +0,3% nel primo trimestre, poi un -0,3% nel secondo; segnali troppo fragili per sbloccare investimenti e pianificazione. Senza una ripresa robusta, la priorità diventa difendersi: tagli ai turni, rinvii nei lanci, revisione dei piani; tutto con ricadute dirette sull’occupazione.
Finché l’elettrico non garantirà volumi sostenibili e l’export resterà frenato, l’obiettivo sarà preservare gli stabilimenti e le competenze; evitare un’altra ondata di esuberi. Non sarà facile perché i conti dicono altro.