FIAT modello da sogno (ANSA) - Reportmotori.it
Oggi vi parleremo di una FIAT che in molti hanno deciso di acquistare, ma di cui potreste ignorare la storia e le origini. Andiamo a scoprire di che modello si tratta e perché fu tanto importante.
Il mercato delle quattro ruote è cambiato nel corso degli ultimi anni, seguendo la direzione dei SUV, a cui tutti i costruttori hanno dovuto convertirsi. La FIAT ne presenterà ben due nel corso dei prossimi mesi, entrambi basati sulla Grande Panda. Ci stiamo riferendo alla Giga Panda, detta anche Pandissima, ed alla Panda Fastback, che puntano a riportare la casa di Torino al top sul fronte globale.
Tuttavia, oggi vogliamo fare un passo indietro per parlarvi di una FIAT molto in voga qualche anno fa, ma che ha una storia tutta da scoprire. Si tratta della FIAT Sedici, una sorta di SUV di piccole dimensioni di Segmento B, dotato della trazione integrale. Andiamo a scoprire quali sono i suoi segreti e perché è stata definita da molti come la giapponese della casa di Torino.
La FIAT Sedici è stata prodotta, per chi non lo sapesse, in collaborazione con la Suzuki, ed il nome Sedici è derivato dalla trazione 4×4 di cui è dotata, visto che la moltiplicazione di questi due numeri dà come risultato, appunto, il numero sedici. La sua produzione iniziò nel 2005 e terminò nel 2014, con un totale di 156.047 esemplari realizzati, prima di essere rimpiazzata dalla 500X.
La lunghezza era di 4.110 mm, con una larghezza di 1.760 mm ed un’altezza di 1.620 mm. Il passo misura 2.500 mm e garantisce dei buoni spazi a bordo, mentre il passo varia da 1.245 a 1.350 kg a seconda della versione scelta. Veniva assemblata fuori dai nostri confini, per la precisione in Ungheria, presto lo stabilimento di Esztergom. La FIAT Sedici fu disegnata da Giorgetto Giugiaro per Italdesign, ed era nata sulla base della Suzuki SX4.
Il progetto fu realizzato negli stabilimenti ungheresi della Suzuki, e venne presentata al Motor Show di Bologna di vent’anni fa. Le sospensioni anteriori a ruote indipendenti erano di schema MacPherson, mentre al retrotreno fu adottato uno schema con ruote interconnesse con tanto di ponte torcente. Inoltre, era presenta una barra stabilizzatrice sia per le versioni con trazione anteriore che quelle a trazione integrale. Era disponibile sia con motori a benzina che a gasolio, con cilindrate rispettivamente di 1.598 e 1.956 e potenze da 120 e 135 cavalli.